Giorgio Bevignani/SHAPES


di Isabella Falbo



Prima antologica italiana di Giorgio Bevignani dopo la sua permanenza newyorkese, il progetto Shapes apre le porte della residenza privata dell’artista, luogo privilegiato per la spettacolare location isolata fra i colli di Castel San Pietro Terme e per gli ampi spazi, atti a valorizzare le grandi installazioni scultoree in mostra. 

Il progetto espositivo si sviluppa in una logica di connubio tra luogo, installazioni scultoree e performing arts ridefinendo lo spazio espositivo che diviene per l’evento piattaforma artistica, poetica e teatrale. 


La pratica artistica di Giorgio Bevignani da sempre oscilla tra la pittura e la scultura dando luogo attraverso un approccio sperimentale nell’uso della materia, del colore e della forma, unitamente ad un’inedita rielaborazione di concetti scientifici e filosofici filtrati dalla storia e dal contemporaneo, a opere definibili “pittosculture”.


Se quella che stiamo vivendo è una contemporaneità destabilizzante, attraverso la sua pratica artistica Giorgio Bevignani indaga il nostro “qui ed ora” rapido e mutevole trattandolo come evento spaziotemporale incluso nel “tutto esistente”. I mutamenti rapidissimi, le condizioni di instabilità, la progressiva perdita di riferimenti, risultano come indici nel tentativo di recuperarne ciò che ancora rimane di eterno e divengono strutture sospese, frammenti semantici completamente preservati in corpi deflagrati, collage scultorei formati dall’alternanza ritmica di elementi modulari e minimali composti secondo una logica dispositiva fatta di pieni e vuoti dove lo spettatore, come in una sorta di danza nell’epoca del disincanto, è invitato ad inter-agire al richiamo di chiarificazione.


Nove le opere selezionate, Il grande muro blu, Muro rosso 1, Muro rosso 2, Le nove terre di Siena, le più recenti Cirri, Pharma, Lampsaco, Perpiero e Lucandrea, create in un lasso di tempo che va dal 1989 al 2006.


Una prima visione d’impatto infonde nello spettatore sentimenti di fascino e contemplazione per apparire subito dopo in tutta la loro complessità ed ambiguità semantica ed estetica, dovute alla discordanza tra singolo elemento e composizione finale. “Forme” dove l’apparenza e la configurazione dell’ “oggetto creato” è in contrasto con il significato, il contenuto e la sostanza di cui esso è composto.


La serie dei muri è stata realizzata in concomitanza alla caduta del muro di Berlino; se è vero che ogni volta che l’uomo perde la sua strada torna a copiare la natura, Giorgio Bevignani così vicino per sensibilità artistica ai cambiamenti epocali legati agli eventi di un anno di svolta come il 1989, simula la pietra, facendone riaffiorare la trama attraverso l’uso di cera e spatola bollente.

Secondo una matericità alla Burri, un’azione “teatrale” alla Pollock e caricandoli di significato attraverso il colore, Bevignani riproduce blocchi di marmo come elementi costitutivi di sculture che rappresentano qualcosa che in realtà non sono.

Nel Grande muro blu il colore funziona come concetto visivo e il blu, proposto in 42 sfumature, rappresenta la libertà. Il muro di Bevignani è in realtà una barriera deflagrata, quasi trasparente, dalla struttura non lineare ma composta ad arco che, perdendo durezza e rigidità, crea uno spazio interno fluido, interagisce con lo spettatore e lo accoglie.

Partendo dagli stessi presupposti, anche Muro rosso 1, Muro rosso 2 e le Nove terre di Siena, acquistano il loro vero significato attraverso l’analisi endogena della forma finale dell’installazione ed attraverso il colore, dove rosso significa “verità”.


Concepita per essere vista al buio con luce ultravioletta Cirri si presenta come un’apparizione visionaria dalla severità leggera. La semplicità delle forme, l’innocenza della composizione e la grandiosità delle dimensioni evocano nello spettatore un abbandono contemplativo.

Composta di 144 moduli dalle dimensioni, forme e colori diversi l’uno dall’altro, l’installazione è basata sulla teoria numerica di Fibonacci e impostata sulla piattaforma simbolica del quadrato inclinato. Lo spazio di Cirri  è infinito, deflagrato in frammenti, “pietre sospese” che si muovono oscillando, si intrecciano, ruotano, s’illuminano e mutano di colore. Lo spazio fisico dell’installazione svanisce come contenitore, risulta straniante, disorientante, diviene spazio interiore.

Cirri parla nel silenzio mettendo a nudo l’anima dello spettore, emozionandolo nell’intimo, interrogandolo sul “vero” dell’esistenza umana.


L’installazione scultorea Pharma, composta di 55 moduli realizzati in 55 varianti del colore verde acqua, è concepita per essere sospesa a grandi altezze, si sviluppa su un piano verticale inclinato in diagonale ed appare come una cascata d’acqua nel buio o una valanga di massi in caduta libera.

Basati sulla logica di ambiguità estetica i moduli rappresentano sia i sassi del letto del fiume omonimo che l’acqua. La solidità è restituita dalle forme casuali delle pietre, realizzate dall’artista in una logica di decostruzione deriddaiana dove il nuovo, il fatto e la mano del realizzatore sono cancellati, la liquidità é data dal fosforo che lambisce ogni singolo modulo come acqua luminescente. 

Se lo scenario caratteristico del mondo contemporaneo è la fuga della natura dal paesaggio, Giorgio Bevignani con Pharma riconsidera il binomio umanità/natura e lo colloca al di fuori della sua strutturazione abituale evocando nello spettatore il perduto sentimento del sublime. La sospensione di Pharma nel luogo decontestualizza lo spazio, il tempo diviene percezione dell’intangibile. 


Non ha un inizio né una fine, Lampsaco è un frammento di onda della luce che continua all’infinito, una sequenza polimerica a spirale che si attorciglia su sé stessa sospesa nello spazio senza alcun riferimento rispetto al piano di gravità, una curva costante.

L’installazione scultorea, composta di 21 moduli in terracotta, segue un registro di allineamento reiterativo in una logica di spazio infinito.

Metafora del presente, con Lampsaco Bevignani interpreta il compimento nichilista connesso al “post” rappresentando l’eterno qui ed ora, caratteristico della nostra epoca composta di frammenti e di molteplici punti di vista. 


Lucandrea è una ludica e spettacolare rappresentazione delle nuove teorie sulla materia, si presenta come un’agglomerazione di 34 moduli, frammento ingigantito di nebulosa energetica composto da particelle implose attorno a un’onda. 

Se l’artista è come un cacciatore nel buio che spara e qualche volta colpisce, Giorgio Bevignani attraverso la sua ricerca artistica tende a ricoprire il ruolo dello “scienziato” pre-moderno o post-moderno che pensa con i sensi e ricerca attraverso la sintesi di scienza, filosofia e arte.


Triade sospesa cromatico/spaziale composta secondo un affascinante equilibrio tra colore, forma e spazio, Perpiero si compone di tre grandi moduli sferoidali. L’installazione formalmente si ispira ai tre personaggi di spalle in  Lamentazione di Giotto nella cappella Arena di Padova, e cromaticamente nella sequenza arancione, nero e azzurro cobalto, ai tre personaggi nella scena affrescata Identificazione della vera croce di Piero della Francesca nella chiesa di San Francesco ad Arezzo. 

L’importanza della scena, la creazione di uno spazio estraneo ad una dimensione temporale definita e il rimando all’idea di elementi generatore di vita, sono le chiavi di lettura dell’installazione.


ISABELLA FALBO, testo critico per la mostra Shapes, personale di Giorgio Bevignani. A cura di Isabella Falbo, Castel San Pietro Terme, temporary location (Casa I Calanchi residenza dell’artista), ottobre 2006.